Kamakura è una piccola perla tutta da scoprire, soprattutto il Daibutsu hiking course, che ad averlo saputo prima, mi sarei risparmiata la lunga camminata, abbastanza insensata per le vie della cittadina, e avrei fatto tutto il suddetto percorso. Ma non lo sapevo, e ho perso un po’ di tempo prezioso ed energie preziose, senza tralasciare i dolori alle gambe abbastanza intensi dovuti alla scalata del Mt Oyama del giorno prima, che hanno accompagnato ogni mio passo. La statua del big Buddha è imponente, ed il nome del percorso, Daibutsu, significa appunto Buddha. Scatto un po’ di foto, e proseguo.
Ritorno verso casa del mio ospitante e preparo la cena, tutta a base di verdure per la mia gioia! Il giorno dopo preparo il mio zaino per spostarmi in un posto più conveniente per visitare Hakone, da dove c’è una spettacolare vista del Mt Fuji. Piove, e non concludo molto, arrivo ad Odawara, vedo il suo castello, che è il primo castello che vedo da quando sono in Giappone. Lo trovo molto luminoso e architettonicamente stupefacente! Ma lì di fianco al castello, una cosa che disturba la mia quiete interiore: una gabbia con dentro decisamente troppe scimmie per le sue dimensioni. Non mi piacciono gli animali in gabbia, mi metto nei loro panni e penso che sarei parecchio incazzata se mi chiudessero in una gabbia, così, senza motivo. Osservando le povere bestiole, noto particolari che mi fanno venire la pelle d’oca: un gruppetto di loro si abbraccia guardando fuori con sguardo malinconico, un’altra con le manine intorno alle sbarre tentando ripetutamente di aprire la porta, sembrava urlare “liberatemi”.
Arriva sera, finalmente incontro la mia nuova ospitante, S., carinissima e molto sorridente! Pare mi legga nel pensiero ed andiamo a mangiare <em>kaisendon</em>, che volevo provare da tempo, ma l’occasione non si era ancora presentata. Praticamente è una specie di sushi scomposto: una ciotola di riso e diversi tipi di pesce crudo, inclusi piccolissimi pesciolini bianchi interi (che sono di stagione!) e uova di salmone. Avevo delle aspettative molto alte per quanto riguarda questo piatto e non sono rimasta delusa per nulla, anzi! Decisamente soddisfatta, e con la pancia piena…e poi quando ti mettono i fiorellini nel piatto, come fai a non innamorartene?!
Quando arriviamo a casa, spiego alla carissima S. dei miei piani per il giorno dopo: andare ad Hakone, scattare un paio di foto spettacolari del Mt. Fuji e fare autostop per raggiungere Hamamatsu e un’amica di un’amica neozelandese che si è offerta di ospitarmi! Invece di scoraggiarmi con le solite raccomandazioni “è pericoloso, stai attenta, in Giappone non si usa, ci sono i maniaci in giro, non ce la farai mai, sará difficile…”, la mia nuova amica mi aiuta scrivendomi un frasario con il minimo indispensabile, e mi augura tanta fortuna.
La mattina dopo mi prepara la colazione, la mia fetta di toast sembra un’opera d’arte! E’ la cosa più carina che io abbia mai mangiato! Ha composto un fiorellino con una fettina di uovo e delle foglioline verdi, semplice, ma un piacere per gli occhi! A malincuore è giunto il momento di salutarci, anche se sarei rimasta più a lungo con lei, che è stata gentilissima, super cordiale e super ospitale, ricorderò a lungo il futon preparato di tutto punto, con l’origami di una gru, l’asciugamano piegato accuratamente, e anche un set di bagnoschiuma, shampoo e balsamo. Il tutto incorniciato da libri della Disney, immagini di principesse e peluche tutt’intorno a me, fiorellini e oggetti rosa, che non è che sia esattamente il mio stile, ma ho comunque trovato l’arredamento piacevole e coerente, e aggiungiamo anche il sottofondo musicale di cover delle canzoni dei film della Disney in chiave jazz, e lei con un grembiule rosa che lava i piatti con un bellissimo sorriso, che mi ricorda un po’ biancaneve a casa dei nani mentre canticchia e fa le faccende domestiche.
Il viaggio verso Hakone è più lungo del previsto, un’ora di bus dopo il tragitto in treno non era esattamente prevista, d’altronde miss disorganizzazione mi accompagna sempre. Quando arrivo, mi avvio con passo deciso verso il punto panoramico che si affaccia sull’iconico vulcano. Amarezza e sconforto. Nonostante la giornata abbastanza soleggiata, il Mt. Fuji è coperto. Mi piazzo lì sulla panca, mentre osservo le nubi che non si spostano minimamente, mai viste nuvole più statiche. Non ho molto tempo per stare lì ad aspettare, perché non vorrei ritrovarmi nel mezzo dell’autostrada a fare autostop al buio.
Un signore giapponese mi saluta e iniziamo a parlare, con mia sorpresa il suo inglese è praticamente perfetto. Mi dice che fa la guida turistica, ha scalato diverse volte il Mt. Fuji, e al momento sta facendo un giro di perlustrazione in previsione della visita che dovrà guidare la settimana seguente. Proseguiamo insieme verso il famoso “tori“, e lungo il tragitto mi spiega un po’ di fatti interessanti, mi spiega anche che il periodo migliore per avere una limpida vista sul Mt. Fuji è l’inverno, con i suoi cieli tersi. Mi spiega anche che i venti tendono a soffiare le nuvole dalla parte del monte che avremmo dovuto vedere.
Purtroppo devo salutare il simpatico signore che mi ha fatto da guida, e mi avvio verso quello che secondo Google maps sembra un buon punto di partenza per l’autostop. Mi metto in cammino dalla stazione, maledicendo il peso di quello zaino troppo grande ad ogni passo. Non sicura di aver scelto il punto giusto, dopo l’ennesima svolta vedo la Tomei expressway lassù. Strada sopraelevata. Dal punto dov’ero, continuo a camminare chiedendomi “e adesso dove c… vado? Sono quasi le 3 di pomeriggio e devo andare ad Hamamatsu che non è esattamente una delle città più frequentate, credo. E adesso che faccio? Cammino un altro chilometro o due tentando di raggiungere quella strada, o mi arrendo e torno alla stazione e prendo il treno?”. Intanto vado avanti. Oh, un 7eleven. Un signore sta parcheggiando e gli chiedo in inglese se sa come si arriva lassù sulla Tomei expressway. Scambiamo un paio di battute. Sono molto felice che un pochino d’inglese lo parla. Gli chiedo dove fosse diretto e mi dice “Gotenba” che è nella direzione giusta, 30 km più in là. Poi mi chiede dove fossi diretta io, e si mette a ridere indicando la sua targa “you see here…Hamamatsu!”. Mi dice di mettere il mio zaino nel bagagliaio, lui è diretto verso il paese successivo. Mi chiede se va bene per me aspettare sua moglie che sarebbe arrivata col treno dopo un’ora. Incredula, sorrido e ovviamente dico che non c’è problema. Primo contatto, prima persona fermata, zona tutt’altro che trafficata e mi trovo un signore che va praticamente dove devo andare io!
Pare che le mie avventure in autostop partano in maniera decisamente incoraggiante.
Durante il tragitto, chiacchieriamo, scherziamo e mi invitano pure a stare da loro, ma la mia amica (o meglio, amica di un’amica!) mi sta aspettando. Quanta gentilezza, quanta cordialità. Dalla famosa Tomei expressway, ad un certo punto, beffardo, fa capolino quel vulcano che si è fatto desiderare tutto il giorno.
Beh, tutto sommato non posso lamentarmi di com’è andata la giornata!
Hamamatsu, arrivo!
Valentina